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LA
VIOLENZA RAPPRESENTATA – Tra
Immagine e Simbolo
Con
questo breve scritto metto in chiaro i pensieri che mi hanno
accompagnata nel seguire il lavoro di realizzazione della mostra “La
violenza rappresentata” e faccio ciò in quanto fotografa ed
interessata alle potenzialità espressive della fotografia.
La
violenza sulle donne è documentata ad ogni telegiornale, nelle tante
inchieste specifiche, su internet, sui giornali, continuamente. Ho
sentito qualcuno chiedersi come mai oggi ci sia tanta violenza
rivolta al mondo femminile, quasi fosse un fenomeno contemporaneo.
Sappiamo bene, però, che non si tratta di una pratica recente: la
violenza sulle donne si è sempre perpetrata, in particolare quella
che avviene fra le mura domestiche; ma adesso si sta strutturando
un'opinione diffusa che ne pone in dubbio la lecita consuetudine.
Perché la violenza sulle donne, per molto tempo, è stata
accettata come una pratica normale e quindi socialmente tollerata.
Molto
spesso veniamo a conoscenza della violenza usata su di una donna,
solo quando si è arrivati al “punto di non ritorno”, cioè al
femminicidio; ne consegue che non è sufficiente informare circa il
fenomeno, ma è importante soprattutto educare a saperlo
riconoscere e a valutarlo in maniera adeguata e per ottenere ciò è
necessario attivare i sistemi comunicativi più idonei affinché ciò
avvenga nel più incisivo dei modi. Infatti il parlarne non è
l'unico mezzo efficace per fare crescere la coscienza intorno al
problema violenza, perché la comunicazione frequente può a volte
addirittura risultare banalizzante rispetto al concetto stesso, nella
ripetizione quotidiana può fargli perdere di drammaticità,
ammorbidire la forza dell'impatto fra le troppe parole pronunziate,
relegarlo a routine comunicativa.
A
questo punto si è fatta strada l’idea di generare, attraverso
l’attivazione di una mostra fotografica, un doppio processo
virtuoso: educare al problema della violenza sulla donna e
contemporaneamente all’uso della fotografia come strumento
comunicativo, attivandone le potenzialità espressive e simboliche e
sfruttandone le qualità specifiche. Perché lo sappiamo, la
parola è analitica e deve dosare il suo tempo in funzione del
risultato che vuole ottenere, mentre l'immagine è sintetica
nelle rappresentazione di un'idea e lo fa immediatamente in maniera
compiuta, pur essendo, proprio come la parola, capace di sedimentarsi
nella memoria.
La
scelta di operare attraverso l'immagine fotografica per la
narrazione e la elaborazione di un concetto, come avviene nella
mostra curata da Paola Coluccio, è una scelta didatticamente
importante, che tiene conto dell'universo contemporaneo in cui sono
immersi i giovani, universo in cui la penetrazione dell'immagine è
sicuramente determinante e può essere sensibilizzatrice e
propedeutica alla giusta assunzione anche di altre tipologie
informative.
Del
resto osserviamo come la parola sia soggetta, nella comprensione,
alla conoscenza da parte di chi la ascolta, della lingua che l'ha
prodotta, mentre l'immagine parla un linguaggio universale e può
raggiungere tutti. Si guarda una fotografia e si assume il senso di
ciò che vi è rappresentato, in maniera diretta, senza mediazioni,
senza dover esercitare la volontà di apprendere, come avviene per la
lettura e il messaggio ci coglie direttamente, anzi, non abbiamo modo
di sottrarci ad esso.
Tutte
immagini fotografiche riproducono le apparenze del soggetto reale a
cui si sono rivolte, ma nella nostra cultura le fotografie servono a
molti scopi e, pur essendo tutte prodotte da un “clic” e pur
essendo tutte fruibili in maniera bidimensionale, attraverso un
supporto rigido (carta, plastica, monitor che sia), la gamma dei loro
contenuti e le motivazioni per cui sono prodotte sono infinite.
I
giovani a cui si è rivolta la pratica educativa innescata dalla
mostra in oggetto sono stati invitati a cogliere la capacità
rappresentativa della fotografia (sicuramente molti di loro già
fotografavano) superando però il limite dell'esclusiva valenza
estetica del prodotto. Se fotografiamo un bel tramonto la fotografia
ce ne rimanderà l'emozione originaria, senza fornirci probabilmente
altre informazioni. Progettando le immagini che dovranno
rappresentare la violenza sulle donne, i giovani sono stati stimolati
a produrre una fotografia capace di rappresentare un concetto. Quindi
a pensare alla fotografia in maniera diversa. La hanno progettata
come si progetta un film, o un romanzo, si sono serviti
di un mezzo capace di produrre una narrazione simbolica che inoltre
sarà estremamente sintetica e proprio per questo estremamente
efficace.
Nella
nostra realtà contemporanea si sostituisce spesso all'esperienza
conoscitiva il rapporto mediato dalla camera fotografica, quindi la
violenza rappresentata appunto attraverso la camera fotografica
assume il vigore e la credibilità di un messaggio autorevole e la
scelta da parte del fotografo degli elementi per la rappresentazione
di questo dramma femminile si varrà di situazioni ed elementi
simbolici che comportano una complessa elaborazione dei concetti. Si
tratterà cioè di una foto che costruisce una narrazione della
realtà, effettuata attraverso simulazioni del reale e organizzazione
di simboli, che sarà capace di raccontare un intero dramma in
una sola scena, mettendo in moto nel giovane operatore uno
sforzo creativo che esprima il problema della violenza sulle donne
attraverso la potenzialità narrativa della foto, chiudendo così il
cerchio di una sperimentazione educativa.
Certo
non tutte le foto riusciranno nell'intento espressivo che si
propongono, la capacità di elaborare simboli efficaci si
evolve con l'esperienza e la maturazione e soprattutto cambia con
l'esperienza la capacità di adottare elementi simbolici non
convenzionali, dando luogo a prodotti narrativi originali. Ma questo
processo di ricerca innescato in ogni giovane fotografo, attraverso
la produzione di immagini per questa mostra, non si fermerà certo a
questa prima esperienza e probabilmente entrerà a fare parte del
bagaglio di esperienze creative a cui egli attingerà per il resto
della vita.
Maria
Luisa Corapi
Architetta
e fotografa
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